BOLOGNA – Nel processo a carico di Giampiero Gualandi, ex comandante della polizia locale di Anzola Emilia (Bologna) accusato dell’omicidio di Sofia Stefani, è emerso un presunto “contratto di sottomissione sessuale”, firmato dai due il 18 maggio 2023.
Il documento, ispirato al capitolo 11 di Cinquanta sfumature di grigio, è stato citato in aula dalla procuratrice aggiunta Lucia Russo e dall’avvocato Andrea Speranzoni, difensore della famiglia Stefani. In esso, Gualandi si autodefiniva “padrone, colui che tutto può sulla sua schiava”.
Sofia Stefani, morta il 16 maggio 2024 per un colpo partito dalla pistola di ordinanza di Gualandi nel suo ufficio, era legata all’imputato da una relazione squilibrata, secondo la Procura, sia per la differenza d’età che per la sua vulnerabilità. Nei giorni precedenti l’omicidio, il rapporto tra i due sarebbe stato caratterizzato da doppiezza e menzogne da parte dell’ex comandante.
L’avvocato Claudio Benenati, difensore di Gualandi, ha minimizzato l’importanza del contratto, definendolo “un gioco senza alcuna validità giuridica”, mentre il legale Lorenzo Valgimigli ha invitato la Corte a non farsi influenzare da pregiudizi morali.
Secondo la Procura, la relazione tra i due sarebbe ripresa dopo una breve interruzione dovuta alla scoperta da parte della moglie di Gualandi, che l’imputato avrebbe ingannato sostenendo che fosse terminata da tempo e che fosse Stefani a perseguitarlo.
Sul piano investigativo, le consulenze tecniche escluderebbero l’ipotesi dell’incidente sostenuta dall’imputato: sulla pistola non sarebbero state trovate tracce biologiche né impronte digitali di Stefani, ma solo dell’accusato.
Il processo prosegue con nuove richieste probatorie per far luce sulle dinamiche del tragico evento.